Armi e guardie giurate: a loro rischio e pericolo

20 Gen 2010

di Ilaria Garaffoni

p-eretta

Smonta e rimonta la pistola, carica e scarica l’arma.
Quanti colpi partono accidentalmente?
Quante vittime ci sono tra le gpg per inosservanza delle più elementari procedure di sicurezza?
Troppe, considerato che queste manovre dovrebbero essere ormai degli automatismi per delle guardie formate e certificate al TSN. A meno che…

A meno che l’addestramento al tiro non sia “estremamente semplicistico, capace di mettere in serio pericolo l’incolumità della guardia prima e del cliente poi”, come ci ha detto Donato Agnoletto, presidente di sezione di TSN Mirano-Venezia per oltre 20 anni, consigliere del Comitato Regionale UITS del Veneto per sei anni e imprenditore della vigilanza privata (coop. di vigilanza privata Cvp).
Per vederci più chiaro, abbiamo deciso di fare un viaggio dentro l’addestramento al tiro delle gpg e capire che succede. Pronti, partenza, via.
Di norma l’aspirante gpg si iscrive alla sezione di tiro a segno e sostiene l’esame di idoneità al maneggio con l’arma cal. 22 l.r. e normalmente con il bersaglio a 25 metri. Benissimo.
Peccato che: 1) l’arma di cui sopra non possa essere impiegata per il servizio di vigilanza privata; 2) la distanza del bersaglio non sia quella indicata per il tiro pratico o da difesa (25 m. è la distanza per il tiro sportivo). Ma andiamo avanti.
Superato l’esame e ottenuto il certificato di idoneità al maneggio armi, l’aspirante gpg viene assunta dall’istituto di vigilanza e inizia a prestare servizio con un’arma di grosso calibro, mai usata e mai provata prima – a meno che non si sia recato al tiro a segno a titolo personale e a proprie spese.
La guardia indossa quindi allegramente un’arma a lui sconosciuta per 4 (diconsi quattro) mesi.
Poi arrivano le sedute di aggiornamento quadrimestrali imposte dal Questore.
Queste sedute sono effettuate con finalmente armi di grosso calibro ma, in alcune sezioni di TSN, la distanza è di 25 metri, quindi è piuttosto difficile superare il punteggio richiesto dall’UITS. Inoltre sono sedute affollate, dove è difficile insegnare a ciascuno l’uso corretto dell’arma e le norme di sicurezza.
Mancano poi delle sezioni di addestramento al tiro in condizioni di luce scarsa, nonostante gran parte dei servizi delle gpg sia operato in notturno (dove l’abbaglio temporaneo è solo uno dei rischi).

Almeno le modalità di addestramento saranno uniformi su tutto il territorio italiano, si dirà.
E invece no: alcune prove vengono eseguite a 7 metri, altre a 3, altre a 12, alcune in piedi, altre in ginocchio, alcune con la mano destra e poi con la mano sinistra, dipende dall’esaminatore.
E’ come tornare a scuola: se il prof è buono, la prova si supera, sennò si viene bocciati.
Ma qui almeno si può scegliere il prof: basta farsi esaminare in una sezione di TSN più lassista e il gioco è fatto. Inutile dire che le sezioni meno severe sono proprio le più gettonate.

E vabbé, ma allora mandiamo a quel paese il TSN e formiamo le guardie giurate altrove – penserà qualcuno. Errore blu! Mentre gli agenti di polizia locale non sono obbligati ad addestrarsi al TSN, le gpg devono per forza ottenere un documento di idoneità rilasciato da una sezione di TSN, altrimenti non possono ottenere il porto d’armi. Il tutto mentre il Manifesto 2010 dell’UITS* introduce un’inedita distinzione tra gpg e agenti di Polizia Locale e Municipale in materia di standard di addestramento, che impone alle guardie di sparare 150 munizioni per l’idoneità al rinnovo, contro le 50 richieste agli agenti.
E’ vero che, come ci ha detto il Presidente dell’UITS Obrist, “la distinzione si basa sul fatto che i compiti della polizia locale sono riferibili ad attività di sicurezza pubblica”, ma è anche vero che le gpg spesso svolgono funzioni di sicurezza sussidiaria a quella pubblica. E soprattutto è vero che questa distinzione comporta una differenza costi di circa 30 euro a guardia, che graverà interamente sugli Istituti di Vigilanza.
Tra l’altro sono aumentate di non poco le tariffe UITS. Il Presidente Obrist ha risposto che sono solo state composte differentemente: in pratica si sarebbe deciso per una “tariffa tutto incluso, in alcuni casi inferiore a quella degli anni precedenti”.
Ok, tutto comprensibile, vistio anche i tagli dei contributi al CONI, ma come la prenderanno gli Istituti? Secondo Agnoletto “se l’addestramento fosse effettuato correttamente, le imprese di sicurezza riuscirebbero a fare uno sforzo economico ulteriore, nonostante l’attuale congiuntura. Ma un aumento di costi a fronte di un addestramento di scarsa efficacia è inaccettabile”.
Speriamo di ricevere delle smentite o dei chiarimenti, per non finire il nostro viaggio nell’addestramento delle guardie con l’amaro in bocca. Forse sarebbe il caso di rivedere la normativa, di individuare una commissione di esperti che ipotizzi piani di addestramento al tiro distinti per servizi più o meno a rischio.

Insomma, sarebbe il caso di occuparsi un po’ più seriamente della formazione, visto che è allo studio un decreto dedicato.

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