Chi è il collaboratore per gli incarichi investigativi elementari?

21 Nov 2011

di Ilaria Garaffoni

Alla luce del nuovo quadro regolamentare, l’organizzazione aziendale di un’agenzia di investigazioni può prevedere la presenza di ben cinque diverse figure, cui la legge impone distinti requisiti formativi e professionali, oltre che diverse competenze e limiti operativi.
Bisognerà quindi abituarsi a ragionare a compartimenti stagni per soddisfare le diverse imposizioni normative richieste alle vecchie e nuove figure che possono orbitare nell’agenzia di investigazioni.

Stiamo parlando di:

1) titolare di licenza ex art 134 Tulps (con i requisiti formativi e professionali recentemente novellati dal DM  “capacità tecnica”);

2) collaboratore professionale ex art 257 bis del Regolamento di esecuzione del Tulps, dotato di licenza subordinata a quella del titolare (c.d. minilicenza) e assoggettato al diretto controllo del titolare stesso, quindi assunto come dipendente in rapporto di subordinazione, anche nel caso si tratti di socio;

3) steward per gli stadi e gli eventi calcistici, nati con la legge 41/2007 per arginare il fenomeno hooligans. Nonostante la legge parlasse di dipendenti di Istituti di cui all’art. 134 Tulps, una circolare successiva ha ristretto il campo alla sola vigilanza privata. Tuttavia oggi, alla luce dei nuovi Decreti Ministeriali che hanno ricondotto le Agenzie di Investigazioni nel comparto della sicurezza complementare, questa attività viene chiaramente riconosciuta anche agli investigatori privati;

4) addetti ai servizi di controllo negli esercizi di pubblico intrattenimento e spettacolo introdotti dalla legge 94 del 15/07/2009 (c.d ex buttafuori);

5) collaboratore per gli incarichi investigativi elementari (Ciie), espressione coniata dal DM 269/2010 per pensionare definitivamente l’ormai obsoleto “collaboratore saltuario esterno”.
Una figura che di “elementare” ha ben poco, considerato che un’efficace raccolta di prove è determinante per l’esito di qualsiasi indagine. Una figura che non può nemmeno trincerarsi dietro l”elementarità” delle proprie mansioni, considerata l’ampia sfera di rischi – ben sanzionati – nei quali può incorrere. Vediamo allora più da vicino la figura del Ciie, utilizzando l’ottimo materiale raccolto al corso di formazione organizzato a Bologna da Federpol e Anf Roma il 18 e 19 novembre scorsi, dove si è registrato un eccellente tutto esaurito.

Ciie: chi era costui?

Il Ciie opera sotto le direttive e la responsabilità del titolare di licenza, il quale è tenuto a comunicare le generalità di ciascun collaboratore alla competente Prefettura, che a sua volta verificherà la sussistenza dei requisiti morali richiesti dal Tulps (es. assenza di condanne penali, esclusione di qualifica di delinquente abituale, buona condotta, etc).
Non sono previsti, invece, requisiti professionali o formativi specifici (il corso bolognese è stato un “trionfo della formazione non obbligatoria”), anche perché le attività delegabili ai Ciie sono  circoscritte e soggette a pesanti limiti operativi, anche di profilo penalistico.
Eccole nel dettaglio:

1) pedinamento (anche a mezzo di strumenti elettronici come il GPS, purché per installarlo non si commettano reati, ad es. danneggiamento della vettura) e appostamento, purché non si sconfini nel reato di molestia e disturbo di persone ex art. 660 cp;

2) riprese audiovideo e fotografiche, purché non si integri il reato di cui all’art 615 bis cp (interferenze illecite nella vita privata). Quindi: no alle riprese all’interno del domicilio del pedinato, a meno che ciò che si ritrae non sia già visibile a occhio nudo e senza artifici;

3) sopralluogo, che trova i suoi limiti nel solo art. 614 c.p. (violazione di domicilio);

4) raccolta di informazioni estratte da banche dati pubbliche, con i limiti derivanti dal potenziale conflitto con la riservatezza ai dati personali;

5) interviste, anche telefoniche, nel rispetto della privacy e previa corretta identificazione personale (per non incorrere nel reato di sostituzione di persona censurato dall’art. 494 cp);

6) raccolta di informazioni presso i locali del committente (es. antitaccheggio investigativo),
purché non sconfini nell’attività di vigilanza (con preclusione, quindi, di qualsiasi forma – diretta o indiretta – di intervento finalizzato alla tutela del patrimonio).

In termini generali, il Ciie è tenuto all’osservanza delle regole imposte dal complesso quadro normativo a tutela della privacy (accesso alle banche dati, consenso informato, informativa, trattamento e conservazione dati e misure di sicurezza successive all’acquisizione del dato).
Il Ciie è inoltre assoggettato al rispetto del segreto professionale e all’obbligo di prestare la propria opera a richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza (art. 139 Tulps).

Sotto il profilo giuslavoristico, il Ciie è inquadrabile con un rapporto di lavoro di tipo subordinato (anche a chiamata con job on call purché si resti nell’alveo di un contratto collettivo nazionale) o parasubordinato (es. contratto a progetto). Sono quindi escluse le collaborazioni a titolo di lavoro autonomo.

Questa è, a grandissime linee, la figura del collaboratore per gli incarichi investigativi elementari.
Ma la pratica è ben più articolata e complessa. Il nostro consiglio spassionato è di formarsi adeguatamente, perché i rischi sono elevati e le sanzioni pesantissime e spesso sono anche a carico del titolare d’agenzia, chiamato a rispondere in corresponsabilità (per dirne una, per un pedinamento molesto si può anche arrivare a perdere la licenza).
Nel dubbio, tenete d’occhio le prossime date del percorso formativo base per Ciie proposto da Federpol sul sito www.federpol.it

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