Abolire i network per ripulire il mercato della vigilanza privata?

10 Feb 2010

di Ilaria Garaffoni

network

Ne parliamo con Francesca Macina, PR Manager ASG Network

Cosa sono i network e quali servizi offrono per il settore della sicurezza?
I network sono agenzie d’affari di intermediazione per l’espletamento di servizi per conto terzi; la loro fonte normativa risiede nell’art. 115 del TULPS. Nell’ambito della sicurezza offrono ai loro clienti tutti i servizi correlati: dalla vigilanza armata al portierato, dal trasporto valori all’antitaccheggio.

Essendo di fatto sottratti ai minimi tariffari (cui sono invece assoggettati gli Istituti di Vigilanza privata), i network sono fortemente avversati dal mondo della vigilanza privata e ritenuti responsabili di un grave inquinamento del mercato. Che ne pensa?

E’ sorprendente, al riguardo, l’atteggiamento dei grandi istituti di vigilanza, spesso al contempo proprietari di altrettanti network: se da un lato vendono i servizi a costi molto bassi, dall’altro attaccano gli intermediari della sicurezza accusandoli di inquinare il mercato ed auspicando che siano neutralizzati a colpi di leggi. Considerando il fatto – oggettivo – che la stragrande maggioranza dei network presenti sul mercato è di proprietà di IdV, ci troviamo di fronte ad un caso di sdoppiamento della personalità! Specifico, peraltro, che i network sono indirettamente assoggettati ai minimi tariffari, poiché acquistano servizi dagli IdV.

Il tentativo di eliminare l’art. 115 TULPS nella precedente bozza di riforma è naufragato a causa di un colpo di spugna dell’ultima ora. Ipotizzando che i network venissero davvero aboliti, a suo avviso si risolverebbero le patologie che affliggono il mercato della vigilanza privata?
L’eliminazione dei network dal mondo della sicurezza non apporterebbe, a mio avviso, alcun vantaggio ai suoi attori per un doppio ordine di motivazioni. In primo luogo si verrebbe ad intaccare il fisiologico andamento altalenante del mercato, dove la quantità di offerta di servizi crea anche una certa selezione sulla base della qualità, ed inoltre perché i grandi istituti di vigilanza si troverebbero, ancora una volta, a contendersi una fetta di mercato disputandosi l’operatività a poche decine di euro.
Non solo. L’abolizione dei network renderebbe irreversibile la scomparsa dei piccoli istituti di vigilanza locali, che propongono realtà ricche di esperienza e pongono maggiore cura ed attenzione nell’espletamento della operatività. Chi svolge l’attività di “network puro” sa molto bene che la sfida quotidiana è supportare il cliente o il suo security manager, cercando di effettuare una ricerca selettiva per offrire il servizio che rispecchi il miglior compromesso tra prezzo e qualità, effettuando anche un supporto di altra natura come il controllo sulla fatturazione, l’applicazione delle penali, la cooperazione nell’organizzazione dei servizi sul territorio (per es. predisporre piantonamenti per una grande catena con 400 punti vendita). Auspico, dunque, che le piccole realtà locali di vigilanza non si uniscano pedissequamente al coro dei grandi istituti contro i network, perché è inoppugnatamente chiaro che, scomparendo questi ultimi, cesserebbe di fatto qualsiasi tipo di concorrenza sul loro mercato. E poi, se gli IdV non riescono a mantenere il mercato adottando tariffe adeguate, perché dovrebbero pagarne le conseguenze i network puri?

L’adeguamento ai diktat dell’UE ha portato all’abolizione dei limiti provinciali per le licenze, allargando la possibilità operativa degli IdV a tutto il territorio nazionale, nonché ai paesi firmatari. I clienti che operano a livello nazionale possono dunque essere ora seguiti da un unico Istituto. Che ruolo avranno i network nel nuovo assetto di mercato?
A mio avviso la situazione non subirebbe modifiche interessanti qualora si verificasse – ma i tempi non sono comunque ancora maturi – il nuovo assetto delineato dal processo di riforma, che vede l’abolizione dei limiti provinciali delle licenze. Per operare su un più vasto territorio, infatti, sono richiesti requisiti tecnici (ma anche economici) molto impegnativi, tali per cui nessun IdV, al momento, sarebbe attrezzato per aprire sedi in ogni provincia italiana e rispondere alla richiesta di un grande cliente sul territorio nazionale. L’unica possibilità di operare rimarrebbe sempre la creazione di un’ATI, corredata dalla solita corsa al ribasso per accaparrarsi il cliente.

Ma la scomparsa dei network sembra essere ormai obbligata, dopo la sentenza della Corte di Giustizia…
Al contrario. Se venissero aboliti i network, si contrasterebbe nuovamente con la Corte europea. Se infatti l’Europa ha condannato l’Italia per la presenza nel TULPS di vincoli al libero allo svolgimento dell’attività imprenditoriale degli IdV, come reagirebbe se si abolisse un intero settore di attività imprenditoriale? Si andrebbe certamente incontro ad un’ulteriore e pesante stigmatizzazione da parte dell’Europa.
A mio avviso, anziché eliminare un settore, sarebbe utile introdurre la corresponsabilità del cliente nell’acquisto dei servizi sottocosto. E’ infatti dimostrabile che chiunque, ma in particolare i grandi clienti come le banche, sono perfettamente in grado di informarsi sull’esistenza delle tabelle di congruità e quindi di raffrontarle con i costi proposti dal network.

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