Guardie giurate all’estero: è ora di analizzare le proposte di legge?

30 Ott 2020

di Ilaria Garaffoni

Dopo Parigi, Nizza. Non bastava il lockdown a mettere la Francia in ginocchio: il ritorno del terrore legato all’estremismo islamico fa tremare il paese. E con esso le imprese che vi operano, anche quelle italiane con sede in Francia, che – come tutte le imprese operative all’estero – hanno la responsabilità penale di proteggere il proprio personale (duty of care). Purtroppo per proteggere le imprese italiane all’estero (ma anche i nostri compound militari in terra straniera), le imprese italiane devono rivolgersi a dei security contractor stranieri perché da noi manca la norma per svolgere questi servizi, fatti salvi quelli antipirateria. Eppure in Commissione Difesa della Camera pendono due proposte di legge ancora da calendarizzare per impiegare le guardie giurate all’estero, ovviamente solo in attività accessorie a quelle svolte dai militari. La prima è a firma FdI, mentre la più recente (presentata alla Camera il 1° ottobre 2020), è a firma PAGANI (PD) e si intitola “Disposizioni in materia di servizi di sicurezza privata e di impiego delle guardie giurate fuori del territorio nazionale” (C.2695). Forse è tempo di prenderle in esame? Partiamo da quelle che sono già disponibili.


Stiamo parlando di un business che nell’ultimo decennio ha registrato un incremento annuo costante, per un valore globale stimato sui 250 miliardi di dollari.
Il DDL Lollobrigida, presentato lo scorso anno, specifica che “l’impiego di personale italiano garantirebbe il controllo dei flussi informativi ai fini della protezione delle politiche e degli asset aziendali rispetto all’impiego di personale straniero. L’esternalizzazione di funzioni di sicurezza dovrebbe comunque riguardare esclusivamente attività accessorie rispetto a quelle svolte dai militari, quali l’impiego a livello operativo di consulenza e supporto, nel rispetto dei princìpi costituzionali che tutelano il monopolio dello Stato sull’uso della forza. Sarebbe altresì necessaria una sostanziale riconfigurazione del comparto della sicurezza privata in modo da consentire agli operatori del settore un margine di azione basato su standard riconosciuti da istituzioni quali i Ministeri dell’interno e della difesa, in conformità alle linee guida internazionali in materia. Tale controllo di qualità garantirebbe la credibilità delle società di sicurezza italiane e, di conseguenza, una maggiore competitività sul mercato internazionale”.

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