Vigilanza Privata: le tabelle del costo del lavoro sono inutili? 

28 Ago 2024

di Bastian Contrario

Direttamente dalla DeLorean di Back to future, tornano le inutilissime tabelle del costo del lavoro della vigilanza privata. Ma non le chiedevamo disperatamente? Beh, come insegna il cult movie di Zemeckis, non si può interferire in una linea temporale. Quindi, se nel 2016 le tabelle con il costo medio orario del lavoro per vigilanza privata e servizi di sicurezza non hanno fermato gli appalti sottocosto, è lecito presumere che nel 2024 sarà tutto uguale. A meno che le tabelle non rientrino in un mix di interventi dall’Ispettorato al Lavoro all’AGCM. Fino alla committenza, nel mondo ideale di Bastiancontrario.


Il ritorno delle tabelle

di Bastiancontrario 

Voglio innanzitutto tranquillizzare il mio unico lettore, verosimilmente preoccupato dall’apparente iperattività di questa rubrica (due note nello stesso mese), che non intendo tediarlo a ritmo incalzante, ma a causa dell’anch’esso apparente fermento del settore è opportuno tornare a mettere penna su carta (in senso ovviamente figurato!). L’occasione è il decreto del Ministero del lavoro del’8 agosto scorso con il quale sono state diffuse le tabelle relative al costo medio orario del lavoro per gli operatori della vigilanza privata e dei servizi di sicurezza di cui al nuovo CCNL Vigilanza privata e servizi di sicurezza.

Le tabelle dovrebbero rappresentare uno strumento fondamentale per le aziende, gli operatori e le stazioni appaltanti, poiché, tenendo conto delle ultime evoluzioni contrattuali e retributive, stabiliscono i parametri economici di riferimento che dovrebbero garantire la corretta applicazione del CCNL di settore. Troppi condizionali in questa frase? 

Sono d’obbligo, perché sembra difficile non dubitare della reale efficacia di questo strumento che, come noto, è un adeguamento di quello del 2016 che, francamente, finora non sembra essere stato in grado di inibire o bloccare appalti sotto costo. Come non ci sono riuscite le famose linee guida dell’ANAC che avrebbero (di nuovo il condizionale) dovuto indicare la retta via in tema di aggiudicazione di contratti pubblici. 

La verità è che dalla fine delle famigerate “tariffe amministrate” (ora potrei essere esposto al pubblico ludibrio dal Garante della concorrenza e dalla Commissione europea per aver nominato quest’atavico strumento) è stata una gara (quella sì) tra la committenza, pubblica e privata, impegnata a scendere il più possibile al di sotto dei costi orari fissati dalle tabelle e gli imprenditori impegnati ad assecondare, quando non a favorire, i ribassi. Sarà colpa dell’italico vizio per cui se non siamo obbligati per legge a fare una cosa non la facciamo o, nella migliore delle ipotesi, la interpretiamo come più ci aggrada. 

Insomma, le tabelle sono importanti, ma non bastano! E’ necessario un meccanismo composito di cui le tabelle siano parte rilevante ma non unica. Serve, infatti, l’ANAC con le sue indicazioni e i suoi controlli; serve il Garante della concorrenza con interventi forti contro le distorsioni del mercato; serve il decreto (attuativo della riforma del 2008) che deve fissare i parametri per la valutazione della congruità delle tariffe; servono Ispettorati del lavoro, Prefetture e Questure che intervengano quando il sistema viene violato dalle aziende di vigilanza, ma anche dalla committenza; serve un intervento deciso sia contro l’abusivismo – che ancora dilaga in questo settore (dall’installazione e gestione degli allarmi allo pseudo portierato) – sia contro le aziende che definirei del “miglio verde” (quelle che tra debiti e cattiva gestione non hanno futuro e cercano di rubacchiare contratti in giro praticando tariffe improponibili).

Serve questo ed altro ancora perché “il ritorno delle tabelle” non sia solo un film già visto che non interessa a nessuno! 

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