Anche il Covid insegna: la lezione dell’Istituto di Vigilanza Metronotte Piacenza

27 Lug 2020

di Ilaria Garaffoni

Pandemia. Una parola che fino a febbraio 2020 era legata a film apocalittici e che oggi rappresenta invece un rischio che, soprattutto chi si occupa di sicurezza, non può più ignorare. Ma che ruolo dovrà svolgere la vigilanza privata in uno scenario post-Covid? Che servizi, anche di transizione, dovrà proporre per accompagnare il mondo a convivere con questa nuova minaccia? Che tipo di flessibilità e reattività occorrerà mettere in campo, anche sul piano dell’organizzazione del lavoro, per rispondere ad un mondo che è cambiato radicalmente e che presenta nuove esigenze, peraltro in costante divenire? Ne abbiamo parlato con Giampaolo Zilocchi, che la pandemia la conosce sin dal giorno zero, essendo titolare di licenza di Metronotte Piacenza, unico Istituto attivo nel tristemente noto epicentro di Codogno.

Che bilancio potete fare ad oggi della vostra esperienza con il Covid, da un’area colpita come il Piacentino?

La nostra area di operatività comprende tutta la provincia di Piacenza, ma si estende fino al basso lodigiano, che include il noto epicentro di Codogno. Abbiamo quindi vissuto l’emergenza sin dalle sue fasi embrionali.
Quando Codogno è stato circoscritto a zona rossa, ci siamo subito interfacciati con la Prefettura di Lodi, che con estrema velocità ci ha fornito le prime (ed allora sperimentali) indicazioni operative – le stesse che poi sono state portate avanti per tutti i mesi della pandemia.

Siete quindi stati testimoni diretti di quel drammatico “giorno zero” per l’Italia…

Sì: eravamo l’unico istituto di Vigilanza Privata a lavorare perché Codogno era sigillata. In seguito il lockdown si è esteso al piacentino, senza però la presenza dell’esercito ai confini, poi tutta Italia è diventata zona arancione. Il resto è storia. In quel giorno zero (in cui non c’era alcuna chiarezza sui DPI) ci siamo attivati per reperire tutti i dispositivi possibili per tutelare il personale e dare continuità ai servizi: mascherine, tute, visiere, termometri, guanti. Siamo riusciti a tamponare con uno stock iniziale abbastanza importante. Di quei giorni convulsi ho impresso il coraggio e lo spirito di abnegazione di tutti i nostri collaboratori, nonostante la confusione, le notizie contrastanti e la paura. Li ringrazio uno ad uno per quanto hanno fatto a servizio della collettività.

Che servizi svolgevate in un’area sigillata, con le attività produttive ferme e nessun contatto esterno?

Le aziende di Codogno, dove vigeva il divieto di spostamento, ci chiedevano di spegnere luci e impianti di riscaldamento, di verificare che fossero innescati i sistemi d’allarme, di recapitare a casa PC o altri strumenti per lavorare in smartworking. Tenga presente che Codogno è stata chiusa da un momento all’altro, mancava tutto, il tempo si era cristallizzato senza alcun preavviso. Poi da ben prima del Covid-19 eroghiamo un servizio gratuito di recapito medicinali con carattere di urgenza, che in condizioni di normalità sono i farmaci salvavita, come – tra gli altri – l’ossigeno. Durante la pandemia l’ossigeno è diventato ovviamente il focus dei nostri trasporti, ma era al contempo sinonimo di alto rischio. Eppure nessuno si è tirato indietro: la vigilanza privata ha mostrato a tutti la sua valenza sociale.

La situazione si sta normalizzando? Che futuro immaginate per un autunno che fa paura a tanti?

Se si riferisce al temuto sblocco dei licenziamenti e alla cessazione della cassa integrazione, non credo (e mi auguro proprio di non sbagliarmi) che possa rappresentare la dimensione in cui è calato il nostro territorio: viviamo di un’imprenditoria piccola e tenace, che ha solo voglia di ripartire e di combattere per riconquistare la normalità. Ce la faremo.

Che lezione ha insegnato il Covid? A pandemia cessata o mediaticamente silenziata, riproporrete servizi di controllo temperatura e social distancing come strumenti di prevenzione del lungo periodo?

Il Covid ci ha insegnato che il rischio pandemico non si può ignorare. Non credo si proseguirà nel lungo periodo con i protocolli attuali, ma nemmeno credo che verranno cancellati del tutto.
Quindi dovremo essere pronti a riproporre servizi o ad inventarne di nuovi. Dovremo essere flessibili e reattivi. Del resto da anni si dice che security e safety devono andare a braccetto: la pandemia ce l’ha solo dimostrato, in un modo brutale. In alcuni contesti, ad esempio la sanificazione dei mezzi o i distanziamenti in centrale operativa, fanno già parte di una nuova logica di organizzazione del lavoro.
Il mondo è cambiato, dobbiamo fare tesoro della lezione. E questo vale anche sul fronte della contrattazione nazionale di lavoro: servono specializzazioni. Perchè chi si presenta in modo professionale sul mercato, viene ripagato.

In definitiva: come sarà la vigilanza privata del post-Covid? Più tecnologica? Più informatica? Più “sanitaria”? Più consulenziale?

Siamo già ora dei consulenti di sicurezza che offrono servizi e e risposte di molteplice natura, dalla sicurezza fisica a quella tecnologica. Creiamo partnership con soggetti specializzati per fornire anche servizi di sicurezza cyber o sanificazioni, ma restiamo nel nostro campo di specializzazione. E per essere specializzati servono sempre più tecnologia, sempre più formazione e sempre più informatica.

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