Dopo il decreto sulla “capacità tecnica” degli Istituti di Vigilanza privata, è in arrivo il decreto sugli enti di certificazione dei qualità dei servizi e degli istituti, che chiude il cerchio degli adempimenti che dovranno essere posti in essere dalle imprese virtuose per restare sul mercato della vigilanza. Adempimenti non privi di costi, ma che – controlli permettendo – dovrebbero porre le condizioni per costruire un mercato libero, regolato e soprattutto equo. O almeno diverso dal far west di abusivismi e illiceità che hanno caratterizzato tanta storia di settore. Davvero? L’abbiamo chiesto a Vincenzo Acunzo, Coordinatore dell’Unità Organizzativa per la vigilanza privata del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e Segretario della Commissione Consultiva Centrale.
Qual è lo stato di avanzamento lavori sul decreto in materia di enti di certificazione dei qualità dei servizi e degli istituti di vigilanza privata?
Il decreto in materia di enti di certificazione è stato firmato il 4 giugno scorso e, al momento, è al vaglio della Corte dei Conti per la registrazione. Una volta registrato, potrà essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Cosa prevede il nuovo decreto?
Il decreto rappresenta un ulteriore adempimento attuativo delle disposizioni del D. P. R. 4 agosto 2008, n. 153 – con il quale, come noto, è stata realizzata un’ampia revisione della disciplina regolamentare in materia di vigilanza ed investigazione privata al fine di adeguarne i contenuti alle regole comunitarie – e prevede un percorso di accreditamento e certificazione che, nell’ottica di favorire il ricorso a sistemi di “auto-controllo” o “auto-qualificazione”, si fonda su alcuni punti fermi:
a) il riconoscimento degli Organismi di certificazione indipendente da parte del Dipartimento della Pubblica Sicurezza che costituisce l’elenco pubblico di tali Organismi;
b) la vigilanza sugli Organismi affidata ad un Comitato nominato dal Ministro dell’Interno.
Ai fini del riconoscimento degli Organismi – prendendo le mosse da quanto già avviene nel mondo della certificazione accreditata in altri settori merceologici – il decreto postula un percorso di accreditamento e certificazione che prevede sia requisiti di carattere generale, sia requisiti specifici. Tra i requisiti specifici è previsto l’accreditamento, per alcune categorie di certificazione che appaiono maggiormente compatibili, anche se non esclusive, con la vigilanza privata (EN 45011 o ISO 17065, per la certificazione degli istituti di vigilanza e dei relativi servizi; EN 45011 o ISO 17065, per la certificazione delle centrali operative e delle centrali di telesorveglianza; ISO 17024, per la certificazione del professionista della security), da parte di un Ente di Accreditamento designato da un Stato membro dell’Unione europea, ai sensi del Regolamento CE n. 765/2008.
Il decreto, inoltre, fissa l’obbligo per gli istituti di vigilanza di munirsi della certificazione rilasciata dall’Organismo ai fini del rinnovo della licenza. Ovviamente, il mancato possesso della certificazione non significherà automaticamente il diniego di rinnovo, ma la Prefettura – che mantiene inalterate le potestà di controllo – avvierà le verifiche necessarie a valutare la sussistenza dei requisiti di legge necessari per il mantenimento della licenza.
Le nuove procedure comporteranno un aggravio di costi per le imprese?
L’attività di certificazione è svolta da soggetti privati e, quindi, comporta, evidentemente, dei costi che sono, però, compensati dal beneficio per gli istituti di vigilanza di poter ora contare su di un sistema di controllo puntuale, specializzato ed efficace che premierà gli istituti virtuosi e segnalerà all’Autorità di p.s. quei soggetti che, nascondendosi nelle pieghe delle difficoltà del sistema pubblico di controllo, continuano a rovinare il mercato con l’offerta di servizi inadeguati e prestati in dispregio delle basilari regole di qualità del servizio e sicurezza del lavoro.
Qualcuno ritiene che il DM 269/2010 non abbia cambiato nulla sul fronte della concorrenza sleale. Questo nuovo decreto rappresenta però un ulteriore passo verso la quadratura di quel cerchio ideale di riforma disegnato dal ministero già nel 2008. Come cambierà, a suo avviso, lo scenario di mercato, dopo l’entrata in vigore di questo decreto?
Il punto di forza della riforma del 2008 e, soprattutto, del D.M. 269/2010 è quello di aver fissato, per la prima volta, delle regole in questo settore.
Il rispetto delle regole fa la differenza tra chi può vivere e prosperare all’interno di un sistema e chi ne sopravvive ai margini, in attesa di esserne definitivamente emarginato.
Ma perché le regole funzionino ci vuole un efficace controllo (e/o autocontrollo). Ecco, finora questo aspetto, per vari motivi, non è stato sempre puntuale e questo ha un po’ limitato la portata di alcune disposizioni della riforma del 2008, specie per quel che concerne il contrasto alla concorrenza sleale. L’entrata in vigore del decreto sugli enti dei certificazione consentirà di recuperare questo gap e di realizzare la necessaria selezione fra le tante (troppe?) aziende di questo delicato e, direi, strategico settore di attività.