Vigilanza Privata: guardie giurate e armi in un sistema che non funziona

12 Lug 2021

di Bastian Contrario

Quando ad uccidere è un uomo morto, ma prima ancora un sistema inceppato. Si è visto ad Ardea, dove un uomo ha ucciso un anziano, due bambini e se stesso con l’arma del padre, guardia giurata deceduta un anno prima. E’ successo perché le GPG sono proprietarie dell’arma di servizio: quando cessa il rapporto di lavoro perdono il porto d’armi, ma l’arma resta in casa loro – con tutti i rischi connessi. Se poi qualcosa si inceppa nella notifica del decesso alle forze dell’ordine o, peggio ancora, se si sorvola sui controlli rispetto a persone con disturbi psichici, la frittata è fatta. Ma una soluzione c’è ed è già prevista da norme del nostro stesso settore: cosa manca dunque? La volontà di cambiare, diremmo. Ce ne parla il nostro anonimo ma non meno fumantino Bastiancontrario.

La (possibile) rivoluzione delle armi

di Bastiancontrario

Il mio unico lettore si sarebbe aspettato un piccolo intervento di chi scrive sulla tragica vicenda di Ardea, anche perché, seppure indirettamente, tocca il nostro settore. Giusto. Ho solo aspettato però che lo sgomento, il dolore e l’indignazione per quella terribile vicenda decantassero un poco (per quanto possano decantare i sentimenti rispetto ad una simile tragedia), per affrontare più lucidamente la questione. Che è tutta di pubblica sicurezza!

Eh si, perché, a parte l’aspetto sanitario della gestione delle persone con disturbi psichici (non ho le competenze per affrontare un tema tanto delicato e divisivo dalla legge Basaglia in avanti che, per inciso, risale al 1978!), qui si è palesato, per l’ennesima volta, il tremendo vulnus costituito dalla legislazione in materia di armi, in particolare quelle delle guardie giurate, in servizio o ex (quando non addirittura, come nel caso di Ardea, passate a “miglior vita”).

La necessaria premessa è che il sistema in generale non funziona: manca un sistema informatizzato nazionale che gestisca le armi ed i loro possessori; manca una rete di collegamenti, in tempo reale, tra le banche dati principali, in primis quelle del sistema sanitario; manca un’efficace rete di controlli e la capacità di tenere il polso della situazione (paradosso: non ci si affida più alla capillare conoscenza del territorio dei presidi delle forze dell’ordine – commissariati di p.s., stazioni dei cc – perché l’informatica semplifica, ma l’informatizzazione non c’è e quindi nessuno sa più nulla); manca la possibilità di ritirare ope legis le armi quando sono venuti meno i presupposti per il porto delle stesse (non dimentichiamo le battaglie di qualche forza politica per consentire a tutti di avere un’arma in casa per “difendersi”).

E su quest’ultimo punto veniamo proprio alle guardie giurate che, come è ben noto a chi pratica questo settore, sono proprietarie dell’arma (spesso delle armi) con cui lavorano e che quando cessano il rapporto di servizio (pensionamento, cambio lavoro, licenziamento) perdono sì il porto d’armi, ma mantengono la detenzione. Come nel caso di Ardea!

Bene – anzi male, malissimo – allora che si fa? Direi che la soluzione è semplice: si cambia la legge e si dà agli istituti la possibilità di costituire armerie e di cedere in comodato le armi alle guardie, armi che andrebbero consegnate ad inizio del servizio giornaliero e restituite a fine giornata, come si fa, per esempio, con gli agenti delle polizie municipali autorizzati ad operare armati.

Diciamoci la verità, il concetto di “bisogno di andare armato”, previsto dall’art.42 T.U.L.P.S., nel caso delle guardie giurate è strettamente connesso al momento in cui lavorano; la “difesa personale” è necessaria solo mentre stanno proteggendo i beni loro affidati, non anche dopo, oltre l’orario di lavoro. E, tra l’altro, non tutte le guardie hanno la necessità di “difendersi” tutti i giorni: dipende dal servizio (pensiamo ad esempio a chi lavora in centrale operativa o a chi si occupa di teleallarme).

Ora, si tratta di una rivoluzione copernicana? Di una cosa impensabile ed impossibile? No, perché già si fa! Infatti, il D.L. 107/2011, quello dei servizi antipirateria per intenderci, prevede che le armi (anche automatiche) siano di proprietà dell’armatore, il quale le cede in comodato alle guardie ad ogni servizio di protezione. E, addirittura, il D.M. 139/2019 (quindi una disposizione di rango decisamente inferiore rispetto alla legge), consente l’acquisto, la detenzione e la cessione in comodato delle armi anche al titolare dell’istituto di vigilanza!

E’ evidente che in questo modo si ridurrebbero drasticamente le armi in circolazione, specie quelle – come è successo ad Ardea – che restano nella disponibilità delle persone (tra l’altro qualsiasi persona, anche con gravi problemi psichici, come si è visto) anche quando sono venute meno le esigenze che ne hanno giustificato la concessione.

Quindi la soluzione, almeno per la parte del problema che riguarda questo settore (non è solo il settore il problema, è chiaro, ma ne costituisce una parte molto rilevante), esiste, ci vuole solo la volontà di applicarla. Volontà dell’amministrazione dell’interno che deve provare ad andare oltre i suoi storici “confini”; volontà degli imprenditori che debbono affrontare nuovi costi; volontà degli operatori, molti dei quali ambiscono allo status “dell’arma”.

Poi è chiaro che andranno affrontati alcuni problemi, dalla costituzione delle armerie (in realtà la legge già disciplina come debbono essere), alla consegna dell’arma alla guardia che, per vari motivi, non comincia il servizio da una sede dell’istituto (in realtà il problema è stato già risolto con i vigili urbani), ma si tratta di problemi pratici facilmente risolvibili. E’, invece, sempre la volontà la parte più complicata. La volontà è come il coraggio di manzoniana memoria: se uno non ce l’ha non se la può dare!

Credo che l’orrore della vicenda di Ardea, la memoria delle tre vittime, impongano di affrontare il problema e sarebbe bello vedere le associazioni di categoria farsi promotrici dell’apertura di un tavolo di confronto con l’amministrazione dell’interno per dare una svolta al sistema. Una possibile rivoluzione, anche etica, delle armi si può e si deve fare.

I Video


Consigliati


Archivi