Circolare sugli appalti e vigilanza privata: il commento

18 Mar 2011

di Ilaria Garaffoni

Ministero-LavoroSul sito di Federsicurezza è reperibile un articolato commento di Angela Gabriele al nuovo “quadro giuridico degli appalti” disegnato dalla Circolare del Ministero del Lavoro del 10.02.2011, n.5.
Ne avevamo già accennato in un precedente articolo, analizzando le novità a volo d’uccello e sottolineando le connessioni tra la circolare in oggetto e le negoziazioni per il rinnovo del CCNL sulla vigilanza privata. Oggi proponiamo un esteso commento giuridico, ringraziando l’autrice e Federsicurezza per l’autorizzazione alla ripubblicazione.

Il Ministero del Lavoro, con la Circolare del 10/02/2011, n. 5, ha fornito importanti indicazioni operative in tema di appalti, contribuendo in tal modo alla individuazione e risoluzione di alcune delle principali problematiche a cui vanno normalmente incontro tutti gli operatori che fanno ricorso a tale tipo di contratto.

APPALTO “GENUINO”
Una prima questione riguarda l’individuazione dei criteri qualificanti la “genuinità” dell’appalto. A tal fine la Circolare richiama espressamente l’art. 29 del Dlgs 276/2003, secondo il quale “(…) il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”. L’organizzazione dei mezzi, quale requisito imprescindibile dell’appalto genuino, va intesa in senso ampio. Recependo, infatti, la migliore elaborazione giurisprudenziale intervenuta nel tempo, si abbandona il rigido criterio della sussistenza della componente materiale nella gestione dell’appalto (l’effettivo apporto da parte dell’appaltatore di capitali, macchine e attrezzature), per far spazio ad un concetto di organizzazione di mezzi che possa consistere anche, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, “nel puro esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché nella assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”. Cade, così, ogni preclusione nei confronti di quegli appalti in cui l’appaltatore risulti mero organizzatore di beni immateriali.
In particolare, per quanto riguarda gli appalti in materia di Vigilanza privata, la Circolare specifica che, nell’esaminare i profili normativi, contrattuali e retributivi, le Direzioni del Lavoro verificheranno che l’impresa aggiudicataria fosse già titolare della prevista licenza di Pubblica Sicurezza, e, in caso di appalti pubblici, ne informerà l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture.

REGIME SANZIONATORIO
La Circolare, riprendendo le affermazioni contenute nella Direttiva sui servizi ispettivi e le attività di vigilanza del 18.9.2008 e nel Piano triennale “Liberare il lavoro per liberare i lavoratori” del 30.7.2001, nel ribadire la necessità di contrastare qualunque forma di sfruttamento del lavoro, richiama in primo luogo l’art. 18, comma 5-bis del Dlgs 276/2003, così come modificato dal Dlgs 251/2004, il quale prevede che “nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all’art. 29, comma 1, (…) l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena della ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione”.
Inoltre, quando l’appalto illecito sia stato posto in essere al solo fine di eludere, in tutto o in parte, i diritti dei lavoratori derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratto collettivo si configura anche l’ipotesi di
reato di somministrazione fraudolenta, di cui all’art. 28 del Dlgs 276/2003. Conseguentemente l’appalto fraudolento sarà punito con la ulteriore pena dell’ammenda di euro 20 per ciascun lavoratore coinvolto e per ogni giorno di impiego, che si aggiunge a quella prevista per l’appalto illecito. A fronte dell’appalto illecito gli ispettori del lavoro dovranno adottare la prescrizione obbligatoria ex art. 15 del Dlgs 124/2004, intimando l’immediata cessazione dell’azione antidoverosa allo pseudo-committente e allo pseudo-appaltatore.
A fronte dell’appalto fraudolento la prescrizione obbligatoria dovrà prevedere l’intimazione a regolarizzare alle dipendenze dello pseudo-committente i lavoratori impiegati, per la durata dell’effettivo impiego nel presunto appalto, rivelatosi illecito e fraudolento. Inoltre, valutate tutte le circostanze, il personale ispettivo delle Direzioni Provinciali del Lavoro potrà adottare, nei confronti del committente-utilizzatore fraudolento, anche il provvedimento della diffida accertativa ex art. 12 del Dlgs 124/2004 per i crediti patrimoniali maturati dai lavoratori impiegati nell’appalto, in ragione delle eventuali differenze retributive accertate.

REGIME RETRIBUTIVO
Nell’ambito degli appalti privati la determinazione dei trattamenti minimi dei lavoratori impiegati è rimessa all’autonomia contrattuale collettiva, con la possibilità di prevedere differenziazioni salariali, nell’ambito del medesimo appalto, tra i dipendenti del committente e quelli dell’appaltatore, anche a parità di prestazioni.
Tuttavia – ricorda la Circolare – l’art. 1, comma 1175, della L. 296/2006, stabilisce l’obbligo, al fine della fruizione dei benefici normativi e contributivi, del rispetto “degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Si favorisce pertanto l’applicazione delle tariffe minime retributive previste dalla contrattazione collettiva e il rispetto delle norme contrattuali relative al personale nei casi di cambio di appalto.
Nell’ambito degli appalti pubblici la Circolare richiama in primo luogo l’art. 36 della L. 300/70, ai sensi della quale “nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dello Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un’attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona. Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l’imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge”.
Sempre in materia di crediti retributivi dei lavoratori si richiamano, inoltre, le disposizioni del Codice dei contratti pubblici, ed in particolare l’art. 5, comma 5, lett. r, in cui è previsto “un intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza retributiva e contributiva dell’appaltatore”, oltre che l’art.  118, comma 6, secondo il quale “l’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni”.

VALORE DEGLI APPALTI E SCELTA DEI CONTRAENTI
Al fine di evitare che la logica del massimo ribasso possa compromettere gli obblighi fondamentali di legge, il Dlgs 163/2006 e il successivo Dlgs 81/2008 contengono norme volte a salvaguardare, nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti, i diritti patrimoniali – contributivi e retributivi – dei lavoratori, oltre che la sicurezza degli stessi. Peraltro, la Circolare ricorda che, sotto il profilo strettamente contributivo, l’assenza del DURC comporta già dei per sé l’esclusione dalla partecipazione alle gare di appalto.
L’art. 86, comma 3-bis, del Dlgs 163/2006 ripreso integralmente dall’art. 26 del Dlgs 81/2008, prevede infatti che “nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”.
A tal proposito si sottolinea la necessità, da parte delle stazioni appaltanti pubbliche, di porre la massima attenzione proprio sui costi del lavoro e della sicurezza, che, ai sensi del successivo comma 3-ter, non possono essere comunque mai soggetti “a ribasso d’asta”.

Nella stessa logica opera la previsione di cui all’art. 26, comma 5, del Dlgs 81/2008, il quale contempla addirittura la sanzione della nullità del contratto d’appalto nel caso di mancata indicazione nello stesso dei costi e delle misure adottate per eliminare ovvero ridurre al minimo i rischi interferenziali. Pertanto, anche nel caso in cui si partecipi ad una gara caratterizzata dal criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, l’offerta del concorrente dovrà essere in ogni caso rispettosa del costo del lavoro e degli oneri della sicurezza, i quali non potranno formare oggetto di alcun ribasso. Nello stesso senso l’art. 87 del Codice dei contratti pubblici secondo il quale, in sede di aggiudicazione dell’offerta, successivamente richiesta al concorrente potenzialmente aggiudicatario del servizio, non vengono ammesse giustificazioni in ordine ai trattamenti salariali minimi inderogabili e agli oneri della sicurezza. Con riferimento a questi ultimi si terrà conto degli ulteriori oneri derivanti dall’ottemperanza di ulteriori specifiche prescrizioni di legge, come ad esempio per quanto attiene alle attività di Vigilanza privata, trasporto e scorta valori (Dm 8/7/2009).
In tale prospettiva, le Direzioni Provinciali del Lavoro, per i profili di propria competenza in materia di tutela del lavoro e della sicurezza sul lavoro, collaboreranno con l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture nel richiedere alle stazioni appaltanti “documenti, informazioni e chiarimenti” relativamente alle attività contrattuali in corso e da iniziare, e coadiuveranno la Guardia di Finanza nelle ispezioni disposte dall’Autorità.

La Circolare, infine, rappresenta l’opportunità che nei capitolati e nelle convenzioni siano ben esplicitati l’obbligo di rispettare integralmente il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore oggetto dell’appalto, sottoscritto dalle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale, ed eventuali accordi integrativi vigenti, nonché la necessità di applicare tutte le normative vigenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e delle norme relative all’inserimento lavorativo dei disabili.

REGIME DI RESPONSABILITA’ SOLIDALE
La Circolare affronta poi il tema della responsabilità solidale tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori, relativamente agli oneri di carattere retributivo, contributivo e fiscale derivanti dall’appalto e dal subappalto. Si richiama, in primo luogo, l’art. 29, comma 2 del Dlgs 276/2003 e s.m.i., ai sensi del quale “in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”.
Entro il limite temporale di 2 anni dunque i lavoratori interessati potranno agire nei confronti del committente perché questi risponda, in solido con l’appaltatore ed eventuali subappaltatori, dei trattamenti retributivi e previdenziali dovuti. Il termine di decadenza opera inoltre nei confronti degli Istituti, creditori delle somme dovute a titolo contributivo nei riguardi del responsabile solidale (ferma restando l’ordinaria prescrizione quinquennale prevista per il recupero contributivo nei confronti del datore di lavoro inadempiente).
Si segnala che il generico riferimento della disposizione al termine “lavoratori”, quali beneficiari delle tutele poste dal regime di responsabilità, consente di ampliarne la platea, facendovi rientrare non solo i lavoratori subordinati e gli altri soggetti impiegati nell’appalto – o eventuale subappalto – con altre tipologie contrattuali (ad es., collaboratori a progetto), ma anche i lavoratori “non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatoria” (lavoratori “in nero”).

Altra disposizione posta a tutela del lavoratore è l’art. 1676 c.c., ai sensi del quale “coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la
domanda”. Pertanto, trascorso il termine di 2 anni di cui all’art. 29 del Dlgs 276/2003, resta in ogni caso possibile l’azione diretta ex art. 1676 c.c. nei confronti del committente, entro il limite quantitativo del debito che, al tempo in cui viene proposta la domanda, il committente ha verso l’appaltatore.

Infine, l’art. 28, comma 35, del Dl 223/2006, prevede che “l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui  professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore”.

In materia di appalti pubblici si aggiunge poi la disposizione di cui all’art. 118, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, secondo la quale “l’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni; è, altresì, responsabile in solido dell’osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto”. Si prevede in tal modo un regime di responsabilità solidale nell’ambito dei rapporti tra appaltatore e subappaltatore, senza alcun vincolo di tipo quantitativo o qualitativo, mentre nei rapporti tra committente pubblico e appaltatore resta ferma la disciplina generale.

La Circolare precisa infine, con riferimento agli adempimenti che il personale ispettivo deve porre in essere ai fini della concreta applicazione della disciplina della responsabilità solidale, che gli organi di vigilanza, laddove accertino inadempimenti retributivi/contributivi, sono tenuti a notificare i verbali di accertamento/contestazione a tutti i responsabili in solido (consentendo agli stessi, in tal modo, di attivare i meccanismi di autotutela a loro disposizione). Allo stesso modo, laddove si riscontrino inosservanze da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei lavoratori, il personale ispettivo è tenuto a notificare il provvedimento di diffida accertativa a tutti i soggetti responsabili solidalmente.

CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI
Il Ministero del Lavoro, data la complessità dei rapporti che scaturiscono dalla sottoscrizione di un contratto di appalto, suggerisce il ricorso all’istituto della certificazione, che può essere utilizzato sia in sede di stipula del contratto che nella fasi di attuazione del programma negoziale, anche ai fini della distinzione concreta tra somministrazione ed appalto. L’organo certificatore dovrà orientarsi ad un’attenta disamina della sussistenza degli elementi di cui all’art. 29 del Dlgs 276/2003, non solo su base meramente documentale, ma anche mediante dichiarazioni pubblicamente rese e acquisite dalle parti contraenti in sede di audizione personale nel corso dell’iter di certificazione.
Si segnala che, con la modifica introdotta dall’art. 31, comma 7, del Collegato Lavoro, che ha novellato l’art. 79 del Dlgs 276/2003, gli effetti dell’accertamento della Commissione certificatrice (organo certificatore), in caso di contratti in corso di esecuzione, decorrono dal momento iniziale del contratto, qualora l’attuazione dello stesso sia stata coerente con quanto appurato in sede di certificazione, anche nel periodo antecedente l’attività istruttoria. In caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, invece, gli effetti si produrranno soltanto al momento della sottoscrizione, con le eventuali integrazioni e modifiche suggerite dalla Commissione adita.

SICUREZZA DEL LAVORO
La Circolare opera infine una ricognizione della normativa in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, richiamando a tal proposito il Dlgs 81/2008 e l’art. 131 del Dlgs 163/2006, con i quali sono stati introdotti particolari obblighi in relazione alla stipulazione dei contratti di appalto. Si richiama innanzitutto il DUVRI (Documento unico di valutazione dei rischi interferenziali), con il quale viene formalizzata tutta l’attività di cooperazione, coordinamento e informazione reciproca delle imprese coinvolte, ai fini della eliminazione ovvero ella riduzione dei possibili rischi legati  all’interferenza delle diverse lavorazioni. Il DUVRI estende infatti la logica del Piano di sicurezza e coordinamento (PSC), previsto per i cantieri temporanei e mobili, a tutti i settori di attività; in particolare il documento, elaborato dal committente/datore di lavoro, dovrà contenere in modo puntuale le linee guida che saranno seguite da tutti i soggetti a qualunque titolo coinvolti nell’attività oggetto di appalto.
Specifiche indicazioni sono poi fornite con riferimento alla sicurezza sul lavoro negli “ambienti sospetti di inquinamento” e nei “luoghi confinati”.

QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE DELLE IMPRESE E DEI LAVORATORI
Per garantire “a monte” la sicurezza dei lavoratori in regime di appalto e subappalto, la Circolare pone l’accento sull’importanza della qualificazione professionale delle imprese coinvolte e, quindi, sulla loro idoneità tecnico-professionale. Si segnala a tal proposito quanto già previsto dall’art. 26, comma 1, lett. a), n. 2 del Dlgs 81/2008, il quale – in attesa dell’emanazione di uno specifico DPR, richiede un’autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi relativa al possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale. Previsione ancora più incisiva è quella contenuta nel successivo art. 27, comma 1-bis, il quale , con riferimento alle imprese edili, introduce “uno strumento che consenta la continua verifica della idoneità delle imprese e dei lavoratori autonomi, in assenza di violazioni alle disposizioni di legge e con riferimento ai requisiti previsti, tra cui la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e i provvedimenti impartiti dagli organi di vigilanza”. Si tratta del meccanismo della cd. “patente a punti”, che prevede la decurtazione di un punteggio inizialmente assegnato nel caso di accertamento di violazioni, o addirittura l’azzeramento in caso di reiterazione, con conseguente divieto di continuare ad operare nel settore edile.

L’art. 26, comma 8, del Dlgs 81/2008, estende a tutto il personale occupato dalle imprese appaltatrici o subappaltatrici coinvolte negli appalti di qualunque settore e ai lavoratori autonomi l’obbligo di essere muniti di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia e contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro, a garanzia della regolarità del rapporto. La tessera dovrà inoltre riportare la data di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione (o la data di richiesta del subappalto rispetto alla quale si è formato il silenzio-assenso).

In conclusione, la Circolare contiene un accenno alla responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori per gli eventuali danni riportati dai lavoratori come conseguenza degli infortuni sul lavoro non indennizzabili dall’INAIL (il riferimento è per lo più ai danni che comportano un’invalidità inferiore alla soglia minima indennizzabile dall’Istituto e all’eventuale danno biologico “differenziale” calcolato secondo i criteri di responsabilità civile).

Fonte: Federsicurezza

http://www.federsicurezza.it/

Commento al “QUADRO GIURIDICO DEGLI APPALTI” disegnato dalla Circolare del Ministerodel Lavoro del 10.02.2011, n.5Data    17/03/2011
Il Ministero del Lavoro, con la Circolare del 10/02/2011, n. 5, ha fornitoimportanti indicazioni operative in tema di appalti, contribuendo in tal modo alla

individuazione e risoluzione di alcune delle principali problematiche a cui vanno

normalmente incontro tutti gli operatori che fanno ricorso a tale tipo di contratto.

APPALTO “GENUINO”

Una prima questione riguarda l’individuazione dei criteri qualificanti la

“genuinità” dell’appalto.
A tal fine la Circolare richiama espressamente l’art. 29 del Dlgs 276/2003, secondo

il quale “(…) il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’

articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per

la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche

risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in

contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei

lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo

appaltatore, del rischio d’impresa”.
L’organizzazione dei mezzi, quale requisito imprescindibile dell’appalto genuino, va

intesa in senso ampio. Recependo, infatti, la migliore elaborazione

giurisprudenziale intervenuta nel tempo, si abbandona il rigido criterio della

sussistenza della componente materiale nella gestione dell’appalto (l’effettivo

apporto da parte dell’appaltatore di capitali, macchine e attrezzature), per far

spazio ad un concetto di organizzazione di mezzi che possa consistere anche, in

relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, “nel puro

esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori

utilizzati nell’appalto, nonché nella assunzione, da parte del medesimo appaltatore,

del rischio d’impresa”.
Cade, così, ogni preclusione nei confronti di quegli appalti in cui l’appaltatore

risulti mero organizzatore di beni immateriali.

In particolare, per quanto riguarda gli appalti in materia di Vigilanza privata, la

Circolare specifica che, nell’esaminare i profili normativi, contrattuali e

retributivi, le Direzioni del Lavoro verificheranno che l’impresa aggiudicataria

fosse già titolare della prevista licenza di Pubblica Sicurezza, e, in caso di

appalti pubblici, ne informerà l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di

Lavori, Servizi e Forniture.

http://www.federsicurezza.it/

REGIME SANZIONATORIO

La Circolare, riprendendo le affermazioni contenute nella Direttiva sui servizi

ispettivi e le attività di vigilanza del 18.9.2008 e nel Piano triennale “Liberare

il lavoro per liberare i lavoratori” del 30.7.2001, nel ribadire la necessità di

contrastare qualunque forma di sfruttamento del lavoro, richiama in primo luogo l’

art. 18, comma 5-bis del Dlgs 276/2003, così come modificato dal Dlgs 251/2004, il

quale prevede che “nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all’art. 29, comma

1, (…) l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena della ammenda di

euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione”.
Inoltre, quando l’appalto illecito sia stato posto in essere al solo fine di

eludere, in tutto o in parte, i diritti dei lavoratori derivanti da disposizioni

inderogabili di legge o di contratto collettivo si configura anche l’ipotesi di

reato di somministrazione fraudolenta, di cui all’art. 28 del Dlgs 276/2003.
Conseguentemente l’appalto fraudolento sarà punito con la ulteriore pena dell’

ammenda di euro 20 per ciascun lavoratore coinvolto e per ogni giorno di impiego,

che si aggiunge a quella prevista per l’appalto illecito.

A fronte dell’appalto illecito gli ispettori del lavoro dovranno adottare la

prescrizione obbligatoria ex art. 15 del Dlgs 124/2004, intimando l’immediata

cessazione dell’azione antidoverosa allo pseudo-committente e allo pseudo-

appaltatore.
A fronte dell’appalto fraudolento la prescrizione obbligatoria dovrà prevedere l’

intimazione a regolarizzare alle dipendenze dello pseudo-committente  i  lavoratori

impiegati, per la durata dell’effettivo impiego nel presunto appalto, rivelatosi

illecito e fraudolento.

Inoltre, valutate tutte le circostanze, il personale ispettivo delle Direzioni

Provinciali del Lavoro potrà adottare, nei confronti del committente-utilizzatore

fraudolento, anche il provvedimento della diffida accertativa ex art. 12 del Dlgs

124/2004 per i crediti patrimoniali maturati dai lavoratori impiegati nell’appalto,

in ragione delle eventuali differenze retributive accertate.

REGIME RETRIBUTIVO

Nell’ambito degli appalti privati la determinazione dei trattamenti minimi dei

lavoratori impiegati è rimessa all’autonomia contrattuale collettiva, con la

possibilità di prevedere differenziazioni salariali, nell’ambito del medesimo

appalto, tra i dipendenti del committente e quelli dell’appaltatore, anche a parità

di prestazioni.
Tuttavia – ricorda la Circolare – l’art. 1, comma 1175, della L. 296/2006,

stabilisce l’obbligo, al fine della fruizione dei benefici normativi e contributivi,

del rispetto “degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli

regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle

organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più

rappresentative sul piano nazionale”.
Si favorisce pertanto l’applicazione delle tariffe minime retributive previste dalla

contrattazione collettiva e il rispetto delle norme contrattuali relative al

personale nei casi di cambio di appalto.

Nell’ambito degli appalti pubblici la Circolare richiama in primo luogo l’art. 36

della L. 300/70, ai sensi della quale “nei provvedimenti di concessione di benefici

accordati ai sensi delle vigenti leggi dello Stato a favore di imprenditori che

esercitano professionalmente un’attività economica organizzata e nei capitolati di

appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la

clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di

applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non

inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e

della zona. Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli

impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l’

imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo

Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge”.

Sempre in materia di crediti retributivi dei lavoratori si richiamano, inoltre, le

disposizioni del Codice dei contratti pubblici, ed in particolare l’art. 5, comma 5,

lett. r, in cui è previsto “un intervento sostitutivo della stazione appaltante in

caso di inadempienza retributiva e contributiva dell’appaltatore”, oltre che l’art.

118, comma 6, secondo il quale “l’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il

trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e

territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le

prestazioni”.

VALORE DEGLI APPALTI E SCELTA DEI CONTRAENTI

Al fine di evitare che la logica del massimo ribasso possa compromettere gli

obblighi fondamentali di legge, il Dlgs 163/2006 e il successivo Dlgs 81/2008

contengono norme volte a salvaguardare, nell’ambito delle procedure di

aggiudicazione degli appalti, i diritti patrimoniali – contributivi e retributivi –

dei lavoratori, oltre che la sicurezza degli stessi.

Peraltro, la Circolare ricorda che, sotto il profilo strettamente contributivo, l’

assenza del DURC comporta già dei per sé l’esclusione dalla partecipazione alle gare

di appalto.

L’art. 86, comma 3-bis, del Dlgs 163/2006 ripreso integralmente dall’art. 26 del

Dlgs 81/2008, prevede infatti che “nella predisposizione delle gare di appalto e

nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di

appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono

tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al

costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere

specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle

caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente

comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal

Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici

previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente

più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei

diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di

contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al

contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in

considerazione”.

A tal proposito si sottolinea la necessità, da parte delle stazioni appaltanti

pubbliche, di porre la massima attenzione proprio sui costi del lavoro e della

sicurezza, che, ai sensi del successivo comma 3-ter, non possono essere comunque mai

soggetti “a ribasso d’asta”.

Nella stessa logica opera la previsione di cui all’art. 26, comma 5, del Dlgs

81/2008, il quale contempla addirittura la sanzione della nullità del contratto d’

appalto nel caso di mancata indicazione nello stesso dei costi e delle misure

adottate per eliminare ovvero ridurre al minimo i rischi interferenziali.

Pertanto, anche nel caso in cui si partecipi ad una gara caratterizzata dal criterio

di aggiudicazione del prezzo più basso, l’offerta del concorrente dovrà essere in

ogni caso rispettosa del costo del lavoro e degli oneri della sicurezza, i quali non

potranno formare oggetto di alcun ribasso.
Nello stesso senso l’art. 87 del Codice dei contratti pubblici secondo il quale, in

sede di aggiudicazione dell’offerta, successivamente richiesta al concorrente

potenzialmente aggiudicatario del servizio, non vengono ammesse giustificazioni in

ordine ai trattamenti salariali minimi inderogabili e agli oneri della sicurezza.

Con riferimento a questi ultimi si terrà conto degli ulteriori oneri derivanti

dall’ottemperanza di ulteriori specifiche prescrizioni di legge, come ad esempio per

quanto attiene alle attività di Vigilanza privata, trasporto e scorta valori (Dm

8/7/2009).

In tale prospettiva, le Direzioni Provinciali del Lavoro, per i profili di propria

competenza in materia di tutela del lavoro e della sicurezza sul lavoro,

collaboreranno con l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori,

Servizi e Forniture nel richiedere alle stazioni appaltanti “documenti, informazioni

e chiarimenti” relativamente alle attività contrattuali in corso e da iniziare, e

coadiuveranno la Guardia di Finanza nelle ispezioni disposte dall’Autorità.

La Circolare, infine, rappresenta l’opportunità che nei capitolati e nelle

convenzioni siano ben esplicitati l’obbligo di rispettare integralmente il contratto

collettivo nazionale di lavoro del settore oggetto dell’appalto, sottoscritto dalle

associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale, ed eventuali accordi

integrativi vigenti, nonché la necessità di applicare tutte le normative vigenti in

materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e delle norme relative all’

inserimento lavorativo dei disabili.

REGIME DI RESPONSABILITA’ SOLIDALE

La Circolare affronta poi il tema della responsabilità solidale tra committente,

appaltatore ed eventuali subappaltatori, relativamente agli oneri di carattere

retributivo, contributivo e fiscale derivanti dall’appalto e dal subappalto.

Si richiama, in primo luogo, l’art. 29, comma 2 del Dlgs 276/2003 e s.m.i., ai sensi

del quale “in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o

datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli

eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione

dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi

previdenziali dovuti”.

Entro il limite temporale di 2 anni dunque i lavoratori interessati potranno agire

nei confronti del committente perché questi risponda, in solido con l’appaltatore ed

eventuali subappaltatori, dei trattamenti retributivi e previdenziali dovuti.
Il termine di decadenza opera inoltre nei confronti degli Istituti, creditori delle

somme dovute a titolo contributivo nei riguardi del responsabile solidale (ferma

restando l’ordinaria prescrizione quinquennale prevista per il recupero contributivo

nei confronti del datore di lavoro inadempiente).

Si segnala che il generico riferimento della disposizione al termine “lavoratori”,

quali beneficiari delle tutele poste dal regime di responsabilità, consente di

ampliarne la platea, facendovi rientrare non solo i lavoratori subordinati e gli

altri soggetti impiegati nell’appalto – o eventuale subappalto – con altre tipologie

contrattuali (ad es., collaboratori a progetto), ma anche i lavoratori “non

risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatoria” (lavoratori “in

nero”).

Altra disposizione posta a tutela del lavoratore è l’art. 1676 c.c., ai sensi del

quale “coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per

eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro

il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito

che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la

domanda”.
Pertanto, trascorso il termine di 2 anni di cui all’art. 29 del Dlgs 276/2003, resta

in ogni caso possibile l’azione diretta ex art. 1676 c.c. nei confronti del

committente, entro il limite quantitativo del debito che, al tempo in cui viene

proposta la domanda, il committente ha verso l’appaltatore.

Infine, l’art. 28, comma 35, del Dl 223/2006, prevede che “l’appaltatore risponde in

solido con il subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute

fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi

assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali

dei dipendenti a cui  professionali dei dipendenti a cui è tenuto il

subappaltatore”.

In materia di appalti pubblici si aggiunge poi la disposizione di cui all’art. 118,

comma 6, del Codice dei contratti pubblici, secondo la quale “l’affidatario è tenuto

ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai

contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona

nella quale si eseguono le prestazioni; è, altresì, responsabile in solido dell’

osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro

dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto”.

Si prevede in tal modo un regime di responsabilità solidale nell’ambito dei rapporti

tra appaltatore e subappaltatore, senza alcun vincolo di tipo quantitativo o

qualitativo, mentre nei rapporti tra committente pubblico e appaltatore resta ferma

la disciplina generale.

La Circolare precisa infine, con riferimento agli adempimenti che il personale

ispettivo deve porre in essere ai fini della concreta applicazione della disciplina

della responsabilità solidale, che gli organi di vigilanza, laddove accertino

inadempimenti retributivi/contributivi, sono tenuti a notificare i verbali di

accertamento/contestazione a tutti i responsabili in solido (consentendo agli

stessi, in tal modo, di attivare i meccanismi di autotutela a loro disposizione).
Allo stesso modo, laddove si riscontrino inosservanze da cui scaturiscono crediti

patrimoniali in favore dei lavoratori, il personale ispettivo è tenuto a notificare

il provvedimento di diffida accertativa a tutti i soggetti responsabili

solidalmente.

CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI

Il Ministero del Lavoro, data la complessità dei rapporti che scaturiscono dalla

sottoscrizione di un contratto di appalto, suggerisce il ricorso all’istituto della

certificazione, che può essere utilizzato sia in sede di stipula del contratto che

nella fasi di attuazione del programma negoziale, anche ai fini della distinzione

concreta tra somministrazione ed appalto.

L’organo certificatore dovrà orientarsi ad un’attenta disamina della sussistenza

degli elementi di cui all’art. 29 del Dlgs 276/2003, non solo su base meramente

documentale, ma anche mediante dichiarazioni pubblicamente rese e acquisite dalle

parti contraenti in sede di audizione personale nel corso dell’iter di

certificazione.

Si segnala che, con la modifica introdotta dall’art. 31, comma 7, del Collegato

Lavoro, che ha novellato l’art. 79 del Dlgs 276/2003, gli effetti dell’accertamento

della Commissione certificatrice (organo certificatore), in caso di contratti in

corso di esecuzione, decorrono dal momento iniziale del contratto, qualora l’

attuazione dello stesso sia stata coerente con quanto appurato in sede di

certificazione, anche nel periodo antecedente l’attività istruttoria.
In caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, invece, gli effetti si

produrranno soltanto al momento della sottoscrizione, con le eventuali integrazioni

e modifiche suggerite dalla Commissione adita.

SICUREZZA DEL LAVORO

La Circolare opera infine una ricognizione della normativa in tema di salute e

sicurezza sui luoghi di lavoro, richiamando a tal proposito il Dlgs 81/2008 e l’art.

131 del Dlgs 163/2006, con i quali sono stati introdotti particolari obblighi in

relazione alla stipulazione dei contratti di appalto.

Si richiama innanzitutto il DUVRI (Documento unico di valutazione dei rischi

interferenziali), con il quale viene formalizzata tutta l’attività di cooperazione,

coordinamento e informazione reciproca delle imprese coinvolte, ai fini della

eliminazione ovvero ella riduzione dei possibili rischi legati  all’interferenza

delle diverse lavorazioni.
Il DUVRI estende infatti la logica del Piano di sicurezza e coordinamento (PSC),

previsto per i cantieri temporanei e mobili, a tutti i settori di attività; in

particolare il documento, elaborato dal committente/datore di lavoro, dovrà

contenere in modo puntuale le linee guida che saranno seguite da tutti i soggetti a

qualunque titolo coinvolti nell’attività oggetto di appalto.

Specifiche indicazioni sono poi fornite con riferimento alla sicurezza sul lavoro

negli “ambienti sospetti di inquinamento” e nei “luoghi confinati”.

QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE DELLE IMPRESE E DEI LAVORATORI

Per garantire “a monte” la sicurezza dei lavoratori in regime di appalto e

subappalto, la Circolare pone l’accento sull’importanza della qualificazione

professionale delle imprese coinvolte e, quindi, sulla loro idoneità tecnico-

professionale.

Si segnala a tal proposito quanto già previsto dall’art. 26, comma 1, lett. a), n. 2

del Dlgs 81/2008, il quale – in attesa dell’emanazione di uno specifico DPR –,

richiede un’autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi

relativa al possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale.

Previsione ancora più incisiva è quella contenuta nel successivo art. 27, comma 1-

bis, il quale , con riferimento alle imprese edili, introduce “uno strumento che

consenta la continua verifica della idoneità delle imprese e dei lavoratori

autonomi, in assenza di violazioni alle disposizioni di legge e con riferimento ai

requisiti previsti, tra cui la formazione in materia di salute e sicurezza sul

lavoro e i provvedimenti impartiti dagli organi di vigilanza”. Si tratta del

meccanismo della cd. “patente a punti”, che prevede la decurtazione di un punteggio

inizialmente assegnato nel caso di accertamento di violazioni, o addirittura l’

azzeramento in caso di reiterazione, con conseguente divieto di continuare ad

operare nel settore edile.

L’art. 26, comma 8, del Dlgs 81/2008, estende a tutto il personale occupato dalle

imprese appaltatrici o subappaltatrici coinvolte negli appalti di qualunque settore

e ai lavoratori autonomi l’obbligo di essere muniti di apposita tessera di

riconoscimento, corredata di fotografia e contenente le generalità del lavoratore e

l’indicazione del datore di lavoro, a garanzia della regolarità del rapporto. La

tessera dovrà inoltre riportare la data di assunzione e, in caso di subappalto, la

relativa autorizzazione (o la data di richiesta del subappalto rispetto alla quale

si è formato il silenzio-assenso).

In conclusione, la Circolare contiene un accenno alla responsabilità solidale del

committente, dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori per gli eventuali

danni riportati dai lavoratori come conseguenza degli infortuni sul lavoro non

indennizzabili dall’INAIL (il riferimento è per lo più ai danni che comportano un’

invalidità inferiore alla soglia minima indennizzabile dall’Istituto e all’eventuale

danno biologico “differenziale” calcolato secondo i criteri di responsabilità

civile).

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